
Quando si parla di gotta, è facile cadere in semplificazioni. “Basta togliere la carne rossa”, “niente legumi”, “vietato il vino”: frasi sentite mille volte. Ma la realtà clinica è molto diversa. Secondo le principali linee guida internazionali, come quelle di ACR (American College of Rheumatology) ed EULAR (European League Against Rheumatism), la dieta non può sostituire i farmaci. Nei pazienti con attacchi ricorrenti, l’approccio più efficace è il cosiddetto treat-to-target, che mira a mantenere i livelli di uricemia sotto i 6 mg/dL tramite terapie urato-abbassanti. L’alimentazione resta importante, ma ha un ruolo di supporto.
Alcuni alimenti e abitudini possono alzare sensibilmente i livelli di acido urico e aumentare il rischio di attacchi. L’alcol, in particolare birra e superalcolici, è tra i peggiori nemici: il rischio cresce in modo proporzionale alle quantità. Il vino, invece, sembra neutro se consumato con moderazione. Un altro colpevole spesso sottovalutato è il fruttosio, soprattutto quello contenuto in bibite zuccherate e succhi industriali, che ha un effetto diretto sull’uricemia.
Anche le purine di origine animale vanno tenute sotto controllo. Le carni rosse, le frattaglie e alcuni pesci e crostacei (come cozze, aringhe, acciughe) sono ricchi di purine e associati a un rischio aumentato di gotta. Ma attenzione: le verdure ricche di purine, come spinaci, cavolfiori o legumi, non hanno mostrato effetti negativi nei grandi studi epidemiologici. La loro presenza nella dieta, quindi, non va demonizzata.
Dall’altro lato, esistono scelte alimentari che possono offrire protezione. I latticini magri, come latte scremato e yogurt, sono tra le fonti proteiche più indicate: contengono poche purine e sono associati a un minor rischio di sviluppare la malattia. Inoltre, seguire un modello alimentare di tipo DASH, ricco di verdura, frutta, cereali integrali, legumi, pesce in quantità moderate e grassi buoni come l’olio d’oliva ha dimostrato in diversi studi RCT di ridurre i livelli di uricemia, anche fino a 0,8 mg/dL.
Un altro fattore cruciale è il peso corporeo: la perdita di peso in soggetti sovrappeso o obesi è associata a una significativa riduzione dell’uricemia e alla frequenza degli attacchi, rendendola un obiettivo prioritario in chi soffre di gotta.
Ma come tradurre tutto questo in un piano alimentare concreto? Niente liste rigide di cibi proibiti: è più utile pensare a un modello equilibrato, sostenibile nel tempo. A ogni pasto, le verdure e la frutta devono avere un ruolo centrale, accompagnate da cereali integrali e una fonte proteica sana, come latticini magri, uova, legumi o piccole porzioni di pesce o carne bianca. L’olio extravergine d’oliva resta la miglior scelta come fonte di grassi.
Certo, alcuni cibi vanno limitati o evitati, soprattutto se la malattia è attiva: birra, superalcolici, bevande zuccherate, frattaglie e porzioni abbondanti di carne rossa. Ma tutto va contestualizzato. Ad esempio, se la gotta è ben controllata, una porzione occasionale di carne rossa può essere compatibile con uno stile di vita sano, purché inserita in un quadro dietetico equilibrato.
Un errore frequente è aspettarsi che con la sola dieta si possa tenere a bada la gotta. I dati dicono altro: la riduzione media dell’uricemia attraverso l’alimentazione varia tra 0,2 e 1,0 mg/dL, valori utili ma non sufficienti nei casi recidivanti. Per questo motivo, nei pazienti con attacchi frequenti o con livelli di acido urico cronicamente elevati, la dieta da sola non basta: serve quasi sempre un intervento farmacologico, con la dieta a fare da alleato, non da sostituto.
Il vero cambio di prospettiva sta nel lavorare su stile di vita e abitudini, piuttosto che rincorrere cibi “buoni” e “cattivi”. Un’alimentazione ispirata al modello DASH, abbinata alla perdita di peso (se necessaria), alla moderazione dell’alcol e all’eliminazione delle bibite zuccherate, rappresenta il miglior approccio possibile per chi vuole ridurre il rischio di attacchi e convivere meglio con la malattia.
No. Pur essendo ricchi di purine, i legumi non sono associati a un aumento del rischio di attacchi. Le grandi coorti osservazionali mostrano che solo le purine animali hanno un impatto significativo.
Il vino, consumato con moderazione, appare neutro nel rischio di attacchi. Birra e superalcolici, invece, aumentano chiaramente l’uricemia e il rischio di recidive.
Ridurre le carni ricche di purine aiuta, ma non è sufficiente: il fruttosio, l’alcol e il peso corporeo influiscono quanto — se non più — della carne stessa. Per i casi ricorrenti serve quasi sempre una terapia specifica prescritta dal medico.
2016 updated EULAR evidence-based recommendations for the management of gout
Purine-rich foods, dairy and protein intake, and the risk of gout in men
Soft drinks, fructose consumption, and the risk of gout in men: prospective cohort study
Alcohol intake and risk of incident gout in men: a prospective study
2020 American College of Rheumatology Guideline for the Management of Gout