
La celiachia è una malattia immunomediata che si scatena quando una persona geneticamente predisposta consuma glutine, una proteina presente in grano, orzo, segale e nei loro derivati. In questi soggetti, il glutine danneggia la mucosa dell’intestino tenue, portando alla atrofia dei villi intestinali: strutture fondamentali per l’assorbimento dei nutrienti. I sintomi possono variare molto: alcune persone soffrono di disturbi intestinali (come diarrea, gonfiore, dolore addominale), altre di manifestazioni extra-intestinali come anemia, stanchezza o problemi cutanei. La diagnosi si basa su esami del sangue specifici (anticorpi anti-transglutaminasi, o tTG-IgA, e EMA) e, negli adulti, su una biopsia intestinale che confermi il danno ai villi. Fondamentale: gli esami vanno sempre fatti mentre si sta ancora mangiando glutine.
Nei bambini, in presenza di determinati criteri molto stringenti come un valore di tTG-IgA superiore a 10 volte il limite normale, confermato dagli EMA è possibile diagnosticare la celiachia senza biopsia, seguendo le linee guida ESPGHAN 2020. Negli adulti, invece, la biopsia resta ancora lo standard. Anche nel sospetto clinico forte, non si deve iniziare una dieta senza glutine “di prova” prima degli esami, perché potrebbe falsare i risultati.
Una volta diagnosticata, il trattamento della celiachia è semplice da descrivere, ma impegnativo da seguire: una dieta rigorosamente senza glutine, per tutta la vita. Fortunatamente, molti alimenti sono naturalmente privi di glutine: frutta, verdura, carne, pesce, uova, legumi, riso, mais, patate, quinoa, grano saraceno, miglio e amaranto sono tutti sicuri. Anche i latticini semplici, gli oli vegetali, la frutta secca e le bevande come acqua, vino e distillati puri sono consentiti. Un caso a parte è rappresentato dall’avena: se certificata senza glutine (cioè non contaminata), può essere tollerata dalla maggior parte dei pazienti, ma va introdotta con monitoraggio medico, perché una piccola percentuale risponde anche all’avenina, una proteina simile al glutine.
I celiaci devono evitare tutte le fonti di glutine, anche in tracce. Quindi grano, orzo, segale, farro, Kamut®, couscous, bulgur, malto ed estratti di malto vanno eliminati del tutto. Questo include la maggior parte di pane, pasta, biscotti, birre e prodotti da forno non etichettati come senza glutine. Tuttavia, ci sono sempre più alternative sicure, come pasta, farine, pane e dolci confezionati con il logo “senza glutine”: secondo la normativa UE, possono contenere al massimo 20 mg/kg di glutine, un livello considerato sicuro anche nel lungo periodo. Anche il cosiddetto amido di frumento deglutinato è consentito, ma solo se il prodotto è etichettato correttamente.
Seguire la dieta gluten-free non significa solo leggere gli ingredienti: la contaminazione crociata è un rischio reale. Per esempio, tostare una fetta di pane senza glutine nello stesso tostapane usato per un panino comune può bastare a causare problemi. Lo stesso vale per olio di frittura usato per impanati, mestoli condivisi, piani di lavoro non ben puliti. Anche al ristorante o in mensa è importante chiedere con precisione gli ingredienti e le procedure usate, e affidarsi solo a locali che rispettano le regole sulla contaminazione.
Una volta diagnosticata, la celiachia va gestita nel lungo termine con controlli periodici. La sierologia (tTG-IgA) è utile, ma non sempre sufficiente a capire se l’intestino è guarito del tutto. In alcuni casi, soprattutto se ci sono dubbi sull’aderenza o sintomi persistenti, può essere necessario un nuovo esame endoscopico. Inoltre, è fondamentale monitorare eventuali carenze nutrizionali (ferro, vitamina D, B12, acido folico) e valutare la qualità della dieta, che deve essere variata ed equilibrata, nonostante le restrizioni. Il supporto di un nutrizionista specializzato è spesso decisivo per evitare errori e migliorare la qualità della vita.
No. La celiachia è una malattia immunomediata con basi genetiche e danno intestinale documentabile. L’intolleranza o sensibilità al glutine non celiaca è una condizione diversa, molto più controversa e priva di biomarcatori affidabili.
No. Eliminare il glutine prima della diagnosi può rendere negativi gli esami del sangue e la biopsia, compromettendo l’iter diagnostico. I test vanno sempre eseguiti mentre si consuma glutine.
No, ma si controlla molto bene. La celiachia non guarisce, ma seguendo una dieta senza glutine rigorosa l’intestino guarisce, i sintomi si risolvono e il rischio di complicanze si riduce drasticamente.