Nutrizione

Intolleranza al glutine: esiste davvero senza celiachia?

1. Non celiachia, non allergia: ma allora cos’è?

Negli ultimi anni si è parlato sempre più spesso di persone che, pur non avendo la celiachia né un’allergia al frumento, riferiscono sintomi gastrointestinali, stanchezza, mal di testa o dolori muscolari dopo aver mangiato pane, pasta o altri alimenti con glutine. A questa condizione si è dato il nome di “sensibilità al glutine non celiaca” (NCGS) o “sensibilità al frumento non celiaca” (NCWS). Ma attenzione: si tratta di una diagnosi clinica controversa e tuttora senza biomarcatori affidabili. È una diagnosi di esclusione, che richiede un iter rigoroso prima di iniziare una dieta senza glutine.

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2. Cosa dicono le linee guida

Le linee guida ACG 2023 per la celiachia sono molto chiare: prima di qualsiasi tentativo dietetico, è necessario escludere la celiachia tramite esami del sangue e biopsia intestinale, mentre il paziente sta ancora consumando glutine. Solo in seguito, se i sintomi persistono e non vi è allergia al frumento, si può sospettare una “sensibilità al glutine non celiaca” (NCGS).

Il consenso internazionale più importante sul tema è quello dei criteri di Salerno (2015): per diagnosticare una vera sensibilità al glutine, serve un miglioramento dei sintomi con la dieta senza glutine e un peggioramento con la reintroduzione controllata del glutine  idealmente in cieco, con placebo, per evitare errori dovuti all’effetto nocebo.

3. I trial clinici mettono in discussione il glutine

Gli studi clinici ben condotti hanno messo in crisi l’idea che il glutine sia sempre il vero colpevole. In un trial pubblicato su Gastroenterology nel 2013, dopo una dieta a basso contenuto di FODMAP, i soggetti con presunta “intolleranza al glutine” non hanno mostrato differenze di sintomi tra glutine e placebo. Un altro studio del 2018 ha evidenziato che i fruttani, componenti fermentabili del frumento appartenenti ai FODMAP, provocavano più sintomi del glutine stesso. Questi dati suggeriscono che molti casi di “intolleranza al glutine” siano in realtà ipersensibilità a componenti diversi, come i FODMAP, piuttosto che al glutine in sé.

4. Le raccomandazioni per chi ha sintomi intestinali

Per i pazienti con disturbi gastrointestinali cronici, come gonfiore, dolore addominale o diarrea, le linee guida ACG 2021 per la sindrome dell’intestino irritabile (IBS) e il consenso AGA 2022 raccomandano come prima scelta la dieta low-FODMAP, non la dieta senza glutine. Solo se i sintomi persistono e sembrano legati in modo specifico al consumo di frumento o glutine, si può pensare di fare un test clinico strutturato. Anche in questi casi, è fondamentale evitare di protrarre a lungo diete restrittive senza supervisione, per non incorrere in carenze nutrizionali e diagnosi mancate.

5. Come si fa una vera diagnosi (e perché evitarla “fai da te”)

Il percorso diagnostico più corretto prevede, dopo aver escluso celiachia e allergia, una breve dieta senza glutine di prova, seguita  se i sintomi migliorano  da un test di reintroduzione controllata. L’ideale sarebbe farlo in cieco, cioè senza sapere se si sta mangiando glutine o placebo, per evitare condizionamenti. Questo protocollo, proposto dal gruppo “Salerno”, è l’unico in grado di confermare una vera sensibilità clinica al glutine. Tuttavia, si tratta di un percorso complesso e poco applicato nella pratica, motivo per cui molti pazienti vengono erroneamente etichettati con una “intolleranza al glutine” sulla base di sensazioni soggettive.

6. Glutine o fruttani?

In definitiva, "l’intolleranza al glutine” esiste, ma solo in una piccola parte dei pazienti, e richiede un percorso di esclusione ben fatto. Per la maggioranza delle persone che riferiscono sintomi dopo il consumo di pasta o pane, la vera causa potrebbe non essere il glutine, ma i FODMAP contenuti nel frumento, come i fruttani. Ecco perché è importante non iniziare una dieta senza glutine “alla cieca”, ma piuttosto farsi seguire da professionisti per capire davvero cosa scatena i sintomi, evitando restrizioni inutili e garantendo una nutrizione adeguata.

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Valerio Gamucci, nutrizionista

Autore - Valerio Gamucci

Biologo nutrizionista Theia, esperto in integrazione e nutrizione sportiva.

FAQ

L’intolleranza al glutine esiste anche senza celiachia?

Sì, ma solo in una minoranza di casi. Si parla di sensibilità al glutine non celiaca, una condizione priva di test diagnostici e che può essere confermata solo con un percorso clinico rigoroso.

2. Come si fa a capire se il problema è davvero il glutine?

Dopo aver escluso celiachia e allergia, si può valutare una breve dieta senza glutine seguita da una reintroduzione controllata, idealmente in cieco. Senza questo passaggio, non è possibile una diagnosi affidabile.

3. Vale la pena togliere il glutine “per provare”?

No. Molti pazienti migliorano semplicemente riducendo i FODMAP, senza eliminare il glutine. Le restrizioni inutili possono aumentare il rischio di carenze nutrizionali e confusione diagnostica.

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