Nutrizione

Intolleranza all’istamina: esiste davvero? Diagnosi, test (DAO) e cosa fare secondo le linee guida!

1. Un termine molto usato, ma scientificamente controverso

Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse  e la confusione  attorno a una presunta condizione chiamata “intolleranza all’istamina”. Si parla spesso di disturbi gastrointestinali, mal di testa, arrossamenti e stanchezza causati da alimenti “ricchi di istamina”, ma quanto c’è di vero? Secondo le società scientifiche più autorevoli, il concetto di “intolleranza all’istamina” non ha una definizione ufficiale condivisa e, soprattutto, non esistono oggi criteri diagnostici validati per identificarla con certezza. È più corretto parlare, semmai, di “reazioni avverse non allergiche all’istamina ingerita”.

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2. Cosa dicono le linee guida

La posizione più chiara arriva dalla linea guida pubblicata nel 2021 dalla DGAKI (Società tedesca di allergologia), in collaborazione con altre società europee: il termine “intolleranza all’istamina” dovrebbe essere sostituito con “reazioni avverse all’istamina ingerita”. Queste non sono vere allergie, perché non coinvolgono le IgE, ma piuttosto reazioni pseudo-allergiche o ipersensibilità non allergiche. Lo ribadisce anche un position paper dell’EAACI (European Academy of Allergy and Clinical Immunology) pubblicato tra il 2023 e il 2024: l’istamina è un mediatore, non un allergene, e va inquadrata con cautela nei casi clinici.

3. Perché i test non sono affidabili

Una delle grandi confusioni riguarda i test “diagnostici” commerciali. Molti laboratori propongono la misurazione della diaminossidasi (DAO) nel sangue o dell’istamina nelle urine, ma le linee guida sono categoriche: questi valori non sono sufficienti per fare diagnosi, né hanno una sensibilità o una specificità accettabili. Studi recenti, tra cui uno pubblicato su JACI-In Practice nel 2023, hanno mostrato che anche in pazienti con sintomi sospetti, le prove di provocazione controllata smentiscono spesso la diagnosi, e che la risposta al placebo è molto frequente.

4. Come si fa una diagnosi seria, se necessaria

Nel raro caso in cui vi sia un sospetto fondato di reazione avversa all’istamina, l’unico percorso ritenuto valido è clinico e prevede due fasi. Si inizia con una dieta povera di istamina per 2–4 settimane, sotto controllo medico e nutrizionale, per valutare la possibile regressione dei sintomi. Se si osserva un miglioramento, si procede con una provocazione orale in cieco, somministrando istamina in ambiente controllato. Solo così è possibile distinguere una vera reazione dalla suggestione o dal semplice caso.

5. Prima di tutto: escludere altre cause

Prima ancora di ipotizzare una reazione avversa all’istamina, è fondamentale escludere tutte le diagnosi più comuni e ben definite: allergie IgE-mediate, sindrome da attivazione mastocitaria (MCAS), orticaria cronica spontanea, sindrome del colon irritabile. E attenzione a non confondere tutto questo con la scombroid syndrome, una vera e propria intossicazione da istamina presente in pesce mal conservato, che può simulare un’allergia ma è in realtà un’intossicazione alimentare acuta e ben documentata.

6. In sintesi: meno etichette, più metodo

Oggi, la cosiddetta “intolleranza all’istamina” non è una diagnosi medica riconosciuta né validata. Parlare genericamente di intolleranza rischia di alimentare confusione, favorire restrizioni inutili e ritardare diagnosi più corrette. Per i pochi pazienti che potrebbero avere una reale reazione avversa all’istamina ingerita, il percorso deve essere guidato, strutturato e basato sull’evidenza. No ai test commerciali, sì al ragionamento clinico, con supporto medico e nutrizionale adeguato.

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Valerio Gamucci, nutrizionista

Autore - Valerio Gamucci

Biologo nutrizionista Theia, esperto in integrazione e nutrizione sportiva.

FAQ

1. L’intolleranza all’istamina è una vera diagnosi medica?

No. Ad oggi non esiste una definizione diagnostica ufficiale condivisa. Le linee guida parlano di reazioni avverse non allergiche all’istamina ingerita, da valutare con grande cautela.

2. Il test della DAO è utile per capirlo?

No. I livelli di DAO sierica non hanno sensibilità e specificità sufficienti per confermare la diagnosi e non devono essere usati da soli per giustificare restrizioni alimentari.

3. Devo eliminare per sempre i cibi “ricchi di istamina”?

Nella maggior parte dei casi no. Se il sospetto è concreto, ha senso una prova temporanea e controllata; eliminazioni croniche e autogestite spesso fanno più danni che benefici.

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