Lo trovi in capsule, maschere viso e perfino in gelati neri. Ma cos’è davvero il carbone attivo (o carbone vegetale), e serve a qualcosa?
Si tratta di una polvere finissima ottenuta trattando il carbone a temperature molto elevate, rendendolo incredibilmente poroso: un solo grammo può sviluppare fino a 3 000 m² di superficie interna. Grazie a questa struttura, è capace di adsorbire (cioè legare sulla sua superficie) gas, molecole organiche e persino farmaci.
Nella percezione comune è diventato un ingrediente “tuttofare” per depurarsi, dimagrire o “ripulire l’organismo”, ma la realtà scientifica è molto diversa: le indicazioni riconosciute sono poche e ben precise.
È lo standard nei pronto soccorso per decontaminare lo stomaco dopo un’intossicazione orale. Viene somministrato in forma liquida, alla dose di 1 g per kg di peso corporeo (es. 70-100 g per un adulto), entro 1-2 ore dall’ingestione del tossico.
Nei casi più gravi, può essere ripetuto ogni 4 ore – soprattutto se il farmaco si riassorbe attraverso il fegato (es. carbamazepina, teofillina).
Questo uso è raccomandato da tutte le linee guida internazionali di tossicologia.
L’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha approvato l’indicazione:
“Il carbone attivo contribuisce alla riduzione dell’eccessiva flatulenza dopo il pasto”.
La dose utile? 1 g prima e 1 g dopo i pasti principali (cioè 3-4 capsule da 250 mg), sempre accompagnate da abbondante acqua. Il beneficio è modesto: riduce il volume di gas e il senso di gonfiore, senza effetti collaterali rilevanti.
Il carbone attivo non assorbe le tossine presenti nel sangue, quindi non ha alcun effetto depurativo sistemico. E non fa perdere peso.
Non lega efficacemente acidi, alcali, solventi, ferro, litio, arsenico. Anzi, in caso di caustici è controindicato, perché può peggiorare la situazione o nascondere lesioni gravi.
Maschere e dentifrici al carbone agiscono solo meccanicamente: possono lucidare temporaneamente la pelle o i denti, ma con l’uso ripetuto rischiano di erodere lo smalto o irritare la cute.
Vediamo ora come viene utilizzato nelle uniche due occasioni in cui ha senso farlo:
In caso di distensione addominale o sensazione di gonfiore dopo i pasti, il carbone attivo può offrire un sollievo temporaneo.
1) Dose consigliata: 500–1 000 mg, da assumere con abbondante acqua per favorire il transito intestinale ed evitare effetti collaterali come la stitichezza.
2) Modalità d’uso: al bisogno, per un massimo di 2–3 giorni consecutivi, senza superare i 3 g al giorno.
È importante sottolineare che si tratta di un intervento sintomatico e non risolutivo: in presenza di gonfiore ricorrente, è opportuno indagare le cause con un professionista della salute.
In ambito ospedaliero, il carbone attivo viene utilizzato come antidoto in situazioni di intossicazione acuta o overdose da farmaci.
1) Dose terapeutica: 50–100 g in sospensione acquosa, somministrata una o più volte in base al protocollo clinico.
2) Contesto d’uso: esclusivamente sotto supervisione medica, in ambiente ospedaliero.
Questo impiego richiede competenze specifiche e non deve essere replicato autonomamente.
Il carbone attivo è uno strumento d’emergenza nei casi selezionati di avvelenamento, e può aiutare modestamente a ridurre il gonfiore addominale se assunto nel modo e nelle dosi previste dal claim UE. Tutti gli altri usi come “detox”, “brucia-grassi” o “purificante” non hanno basi scientifiche e rischiano solo di interferire con l’assorbimento di farmaci e nutrienti.
No. Il carbone attivo agisce solo nell’intestino e non raggiunge il sangue, quindi non ha alcun effetto “detox” sistemico.
Sì, a dosi di 500–1 000 mg prima e dopo il pasto, accompagnato da abbondante acqua. L’effetto è lieve ma percepibile.
Sì, se usato male: può bloccare l’assorbimento di farmaci, causare nausea o stitichezza, e in casi rari ostruzioni intestinali. Mai prenderlo in caso di ingestione di sostanze caustiche o se si hanno problemi digestivi seri.