L’ashwagandha , pianta adattogena usata da secoli nella medicina ayurvedica, è sempre più popolare tra chi cerca un aiuto naturale per gestire lo stress. Ma funziona davvero? E quanto incide sui livelli di cortisolo, il cosiddetto “ormone dello stress”?
La risposta è sì, ma con una precisazione importante: l’effetto è moderato, non miracoloso.
Negli ultimi anni, diverse meta-analisi di trial clinici controllati hanno cercato di rispondere alla domanda: l’ashwagandha abbassa davvero il cortisolo?
Secondo una meta-analisi del 2023, il calo medio del cortisolo a digiuno negli adulti stressati è stato di circa −3,27 µg/dL, il che corrisponde a una riduzione di circa 15–30% rispetto ai valori iniziali. Un risultato statisticamente solido, ma da interpretare con attenzione.
Ad esempio, in uno degli studi più noti, condotto con 600 mg al giorno dell’estratto KSM-66 per 60 giorni, il cortisolo si è ridotto da 15,7 a 11,3 µg/dL, mentre nel gruppo placebo il calo è stato molto minore (−7,9%). Un effetto concreto, quindi, ma che non sostituisce un trattamento medico in caso di ipercortisolismi clinici veri e propri (come nella sindrome di Cushing).
Inoltre, non sempre questo calo ormonale si traduce in un miglioramento altrettanto evidente dello stress percepito: alcuni studi recenti (inclusa una meta-analisi del 2025) mostrano che la scala PSS (Perceived Stress Scale) non scende sempre in parallelo con il cortisolo. In pratica: può aiutare, ma non è una bacchetta magica.
L’ashwagandha può essere considerata un coadiuvante interessante in programmi di gestione dello stress, soprattutto se si accompagna a:
1) buone abitudini di sonno
2) attività fisica regolare
3) riduzione di caffeina e alcol
4) tecniche di rilassamento (come respirazione, mindfulness o yoga)
Ma attenzione: non è un integratore da prendere alla leggera. E non sostituisce mai una valutazione medica, soprattutto se il cortisolo è veramente alto per cause cliniche.
Nel complesso, l’ashwagandha è ben tollerata a breve termine (fino a circa 2–3 mesi), ma non è priva di rischi. Le valutazioni ufficiali come quelle dell’Ufficio per gli Integratori Dietetici del NIH, dell’autorità tedesca BfR e dell’agenzia francese ANSES segnalano alcune precauzioni importanti:
1) Effetti collaterali possibili: nausea, disturbi intestinali, sonnolenza, agitazione. In rari casi, danni epatici.
2) Possibili interferenze ormonali, soprattutto su tiroide e ormoni sessuali.
3) Controindicata in gravidanza, allattamento, disturbi tiroidei, patologie epatiche o uso di farmaci sensibili al metabolismo epatico.
4) I prodotti non sono tutti uguali: alcuni estratti combinano radice e foglia, altri usano soli estratti di radice; le concentrazioni di withanolidi (i principi attivi) variano moltissimo tra le formulazioni.
Se decidi di provare l’ashwagandha per gestire lo stress, tieni presente alcune buone pratiche:
a) Scegli integratori standardizzati, idealmente con estratto di sola radice e contenuto noto di withanolidi.
b) I dosaggi studiati più spesso vanno da 300 a 600 mg al giorno, per 6–8 settimane.
c) Valuta con attenzione benefici ed effetti collaterali: se noti disturbi, sospendi e confrontati con un professionista.
E se ti è stato detto che hai cortisolo alto per motivi medici (es. sospetto Cushing, uso cronico di cortisonici, ecc.), non usare l’ashwagandha come terapia fai-da-te: serve una valutazione endocrinologica.
L’ashwagandha può abbassare il cortisolo in persone stressate, con una riduzione media di circa il 15–30% in 1–2 mesi. Non è una cura per patologie endocrine, ma può essere un alleato nei percorsi di benessere psicofisico, se usata con consapevolezza e attenzione alla qualità del prodotto.
Come ogni integratore, funziona meglio se accompagnato da uno stile di vita equilibrato, e non è mai una soluzione unica. Meglio pensarla come un tassello piccolo ma interessante, in un mosaico più ampio fatto di movimento, riposo, relazioni sane e strategie di gestione dello stress.
Sì, diversi studi clinici mostrano una riduzione media del 15–30% in persone stressate. L’effetto è statisticamente solido, ma non paragonabile a una terapia farmacologica.
La maggior parte degli studi ha valutato cicli di 6–8 settimane con dosaggi di 300–600 mg/die di estratto standardizzato. I miglioramenti sui livelli di cortisolo si osservano in questo intervallo di tempo.
Sì. Può causare nausea, disturbi intestinali o sonnolenza, ed è stata associata raramente a danni epatici. È sconsigliata in gravidanza, allattamento, problemi tiroidei o patologie epatiche. Sempre meglio parlarne col medico prima di iniziare.