Nutrizione

Caffè e cuore: fa bene o fa male?

1. Caffè e cuore: questione di pressione… o di pregiudizi?

Il caffè è una delle bevande più consumate al mondo, parte integrante della cultura alimentare in molte società. Eppure, intorno a lui continuano a circolare dubbi, sospetti e falsi miti. "Fa alzare la pressione", "rovina il cuore", "meglio evitarlo se sei iperteso" — frasi ripetute da decenni, spesso senza fondamento.

Negli ultimi anni, però, la ricerca ha ribaltato molte convinzioni storiche: il caffè non solo non è pericoloso per il cuore nella maggior parte delle persone, ma potrebbe addirittura avere effetti protettivi a determinate dosi. Come sempre, però, la verità sta nei dettagli.

Vediamo cosa dicono le linee guida internazionali e gli studi più solidi.

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2.  Cosa dicono le linee guida ufficiali?

Le principali società scientifiche internazionali hanno preso posizione sul caffè, non solo come abitudine diffusa, ma come componente potenzialmente cardioprotettiva della dieta:

a) Le Linee guida europee ESC sulla prevenzione cardiovascolare (2021) non vietano il consumo di caffè, nemmeno nei soggetti con fattori di rischio. Il caffè viene considerato neutro o persino favorevole all’interno di uno stile di vita salutare.

b) La American Heart Association (AHA), nel documento del 2021 sui pattern alimentari cardioprotettivi, include il caffè come parte di una dieta sana, se assunto senza zuccheri aggiunti o panna.

c) L’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha stabilito che fino a 400 mg di caffeina al giorno (circa 3–5 tazzine di espresso) sono sicuri per la popolazione adulta sana, con soglie ridotte per donne in gravidanza o in allattamento.

In sintesi: nessuna autorità scientifica sconsiglia il caffè in modo sistematico. Anzi, se consumato con moderazione e in assenza di controindicazioni specifiche, può rientrare a pieno titolo in una dieta salutare.

3. Caffè e rischio cardiovascolare: protegge o danneggia?

Una delle analisi più importanti mai condotte sul tema è un’umbrella review pubblicata su BMJ nel 2017, che ha passato in rassegna oltre 200 meta-analisi. I risultati?

1) Il consumo di caffè è associato a un minor rischio di malattie cardiovascolari e ridotta mortalità generale, con un minimo rischio intorno a 3–4 tazze al giorno.

2) Altre meta-analisi (Circulation, 2014; Nutrients, 2018) hanno confermato una relazione non lineare: il rischio cardiovascolare diminuisce fino a un certo punto, poi si stabilizza.

Importante: il beneficio si osserva soprattutto con il caffè filtrato, privo delle sostanze (cafestolo e kahweol) che possono alterare il profilo lipidico.

4. . Ma la pressione non sale?

Dipende.

1) La caffeina ha un effetto pressorio acuto (può aumentare la pressione di 5–10 mmHg per qualche ora), soprattutto in chi non è abituato a consumarla.

2) Tuttavia, chi consuma caffè regolarmente sviluppa una tolleranza a questo effetto: lo confermano diversi studi, tra cui una meta-analisi pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition nel 2018.

3) La stessa review su Journal of Hypertension (2011) sottolinea che l’effetto pressorio è transitorio, modesto e clinicamente poco rilevante nella maggior parte delle persone.

In soggetti con ipertensione ben controllata, il caffè può essere mantenuto, come riportano anche i documenti ESC e AHA. Diverso è il caso di pazienti con ipertensione severa e instabile, in cui ogni fattore pressorio va valutato con attenzione.

5. Caffè e aritmie: serve preoccuparsi?

Anche in questo caso, la narrativa pubblica è stata più allarmista dei dati reali. Studi di alta qualità — tra cui analisi su UK Biobank e trial randomizzati controllati come il CRAVE (NEJM, 2023) — hanno mostrato che:

a) Il consumo regolare di caffè non aumenta il rischio di fibrillazione atriale, anzi, alcuni dati suggeriscono un’associazione inversa.

b) Mendelian randomization studies (che riducono i bias osservazionali) indicano che la predisposizione genetica a consumare più caffeina non è associata ad aumento del rischio aritmico.

c) Il trial CRAVE ha testato direttamente l'effetto del caffè su extrasistoli, attività fisica e sonno in soggetti sani, mostrando un impatto trascurabile o nullo.

In pazienti con aritmie sintomatiche o instabili, il caffè può essere ridotto o sospeso per motivi prudenziali, ma non esistono indicazioni di evitare il caffè a tutta la popolazione per rischio aritmico.

6. E i lipidi? Tutto dipende da come lo prepari

Il metodo di preparazione del caffè incide sul suo effetto sui lipidi plasmatici.

Il caffè bollito o pressato (tipo moka o French press), se consumato in grandi quantità, può aumentare il colesterolo totale e LDL. Lo dimostrano sia un vecchio RCT pubblicato sul NEJM nel 1989, sia una meta-analisi del 2012. Questo effetto è dovuto a due composti (cafestolo e kahweol) presenti nei residui oleosi che vengono filtrati nel caffè “americano” o con filtro di carta.

Se sei predisposto all’ipercolesterolemia, meglio preferire caffè filtrato o espresso, ed evitare grandi quantità di moka, caffè turco o French press.

7. Quindi: chi dovrebbe fare attenzione?

Il caffè è generalmente sicuro per la popolazione sana, ma ci sono casi in cui una riduzione o sospensione può avere senso:

1) Gravidanza e allattamento: EFSA consiglia di non superare 200 mg/die (circa 2 tazzine).

2) Ipertensione non controllata: se la pressione è instabile o molto alta, il medico può consigliare una riduzione temporanea.

3) Aritmie sintomatiche: in soggetti che riferiscono extrasistoli fastidiose o fibrillazione atriale non stabilizzata, meglio testare l'effetto individuale.

4) Colesterolo elevato: preferire il caffè filtrato, soprattutto se bevi molte tazze al giorno.

8. Conclusioni

Il caffè, lungi dall’essere un nemico del cuore, può essere un alleato della salute cardiovascolare, se consumato con buon senso e tenendo conto delle condizioni individuali.

Le migliori evidenze scientifiche disponibili ci dicono che:

1) fino a 3–4 tazze al giorno sono sicure per la maggior parte degli adulti;

2) il caffè è associato a una minore mortalità cardiovascolare nelle coorti prospettiche;

3) non aumenta il rischio di ipertensione o aritmie nella popolazione generale;

4) va adattato caso per caso in presenza di patologie specifiche.

In altre parole, se ami il caffè, non sentirti in colpa: è il tuo stile di vita complessivo non la singola tazzina  a fare davvero la differenza per il cuore.

Valerio Gamucci, nutrizionista

Autore - Valerio Gamucci

Biologo nutrizionista Theia, esperto in integrazione e nutrizione sportiva.

FAQ

1. Il caffè fa alzare la pressione?

Solo temporaneamente. L’aumento è lieve (5–10 mmHg) e transitorio, soprattutto in chi non è abituato. Chi beve caffè regolarmente sviluppa tolleranza e non ha rialzi clinicamente rilevanti.

2 .È sicuro per chi soffre di ipertensione?

Sì, se la pressione è ben controllata. ESC e AHA non vietano il caffè nei soggetti ipertesi stabili, ma consigliano di monitorare la risposta individuale.

3. Chi dovrebbe limitarlo?

Donne in gravidanza (max 200 mg/die), soggetti con ipertensione instabile o aritmie sintomatiche. In tutti gli altri, il consumo moderato è sicuro e può rientrare in una dieta equilibrata.

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