I “fermenti lattici” sono ovunque: spot pubblicitari, scaffali dei supermercati, consigli della nonna. Vengono proposti come rimedio per l’intestino, le difese immunitarie, la pelle, l’umore, il colesterolo e persino per dimagrire. Ma dietro la parola magica “probiotici” si nasconde un mondo molto più complesso e selettivo di quanto si pensi.
La verità? Non tutti i probiotici funzionano. E quando lo fanno, è solo in condizioni specifiche, con ceppi precisi e a dosaggi ben definiti.
In questo articolo vediamo cosa dice la scienza, dove i probiotici sono utili davvero, e quando l’effetto è più marketing che medicina
Quando si prende un antibiotico, si altera l’equilibrio della flora intestinale. In alcuni casi (10–30 %, soprattutto nei bambini) questo porta a diarrea associata ad antibiotici. Qui l’uso di probiotici ha senso, e funziona bene.
Una revisione Cochrane su migliaia di pazienti ha dimostrato che ceppi come Lactobacillus rhamnosus GG e Saccharomyces boulardii, assunti in dosi ≥ 10⁹ CFU/die, dimezzano il rischio di diarrea.
Chi soffre di IBS conosce bene i sintomi: gonfiore, dolori addominali, alterazioni dell’alvo. I probiotici possono migliorare del 30–40 % i sintomi globali e la qualità di vita, secondo le meta-analisi più recenti. Funzionano meglio i mix multi-ceppo ad alto dosaggio (≥ 10¹⁰ CFU), assunti per almeno 4–8 settimane.
Non sono una cura, ma un supporto sintomatico che può fare la differenza nel contesto di una gestione dietetica e comportamentale adeguata.
In età pediatrica, l’assunzione regolare di alcuni probiotici (soprattutto L. rhamnosus GG) può ridurre del 30 % circa gli episodi annuali di raffreddori, febbre e assenze scolastiche. L’effetto è meno marcato negli adulti, ma resta interessante per i bambini in età da asilo o scuola materna, specialmente nella stagione fredda.
Alcuni studi suggeriscono effetti modesti sul colesterolo LDL o sul peso corporeo, ma i risultati sono incoerenti e clinicamente poco rilevanti. Nessuna società scientifica ne raccomanda l’uso a questo scopo.
Nonostante le mode, non ci sono prove affidabili che i probiotici migliorino la pelle, l’umore o “rinforzino le difese” negli adulti sani. Qui siamo nel territorio del marketing travestito da scienza.
Uno degli errori più comuni è pensare che tutti i “fermenti lattici” siano efficaci. In realtà, i benefici sono ceppo-specifici: cambiare ceppo è come cambiare farmaco. Non basta leggere “lattobacilli” in etichetta.
Ad esempio, Lactobacillus rhamnosus GG (ATCC 53103) è un ceppo validato per diarrea e IBS; Saccharomyces boulardii CNCM I-745 è efficace in profilassi antibiotica. Altri ceppi simili, ma non identici, potrebbero non avere lo stesso effetto.
Anche il dosaggio è cruciale: servono almeno 10⁹–10¹⁰ CFU al giorno, per almeno 4–8 settimane. Al di sotto di queste soglie, l’efficacia è altamente improbabile.
1) Inizia dalla prima dose di antibiotico.
2) Usa S. boulardii 250–500 mg 2 volte al giorno oppure un mix di lattobacilli/bifidi ≥ 20 miliardi CFU/die.
3) Continua per tutta la durata dell’antibiotico + 7 giorni.
1) Scegli formulazioni multi-ceppo ad alto dosaggio (≥ 10¹⁰ CFU).
2) Prendili per almeno 4–8 settimane, poi valuta se continuare.
1) Utili in età da nido o materna, soprattutto in inverno.
2) L. rhamnosus GG 10–20 miliardi CFU/die per 3–6 mesi.
Sì, ma non sempre. In soggetti sani, i probiotici sono generalmente ben tollerati. Ma ci sono eccezioni importanti:
a) In immunodepressi, pazienti critici o neonati prematuri, sono stati segnalati casi di fungemia e batteriemia (infezioni sistemiche causate dal probiotico stesso).
b) Alcuni probiotici perdono vitalità se esposti a calore o assunti con cibi/acque troppo calde (> 54 °C).
c) Il controllo qualità è variabile: fino al 40 % dei prodotti in commercio non rispetta quanto scritto in etichetta. Meglio scegliere marchi certificati e affidabili.
I probiotici non sono una panacea, ma possono essere molto utili in alcuni casi specifici, se usati con criterio.
Funzionano quando:
a) Si sceglie il ceppo giusto,
b) Alla dose giusta,
c) Per la durata corretta,
d) In una condizione clinica con prove solide.
Non funzionano (e possono essere rischiosi):
e) Se usati a caso “per migliorare la flora” senza un motivo preciso,
f) Se somministrati a soggetti fragili senza supervisione,
g) Se si acquistano prodotti scadenti o con etichette vaghe.
No. I benefici sono ceppo-specifici: solo alcuni probiotici hanno effetti dimostrati. Cambiare ceppo è come "cambiare farmaco".
Non in modo clinicamente rilevante. Le evidenze sono deboli e non giustificano l’uso a questi scopi.
In soggetti sani sì, ma in immunodepressi o neonati prematuri possono causare infezioni. Vanno evitati o usati sotto controllo medico.