Nutrizione

Intelligenza Artificiale (IA) e nutrizione: quanto è davvero "su misura"?

1. Cosa finisce nel frullatore dell’algoritmo? Rapida panoramica tecnica

Tanti dati, da tante fonti:

a. Self-tracking: diari alimentari, bilance smart, cardiofrequenzimetri derivati da app contacalorie, o tool professionali.

b. Sensori in vivo: glucometri continui, patch per sudore e chetoni, utilizzati negli studi scientifici e nelle strutture sanitarie.

c. Esami e -omics: DNA, microbioma, metaboliti.

d. Cartella clinica: farmaci, allergie, diagnosi.

e. Contesto: stagione, CO₂ del cibo, prezzi.

Questi dati vengono raccolti, integrati e spesso elaborati in locale, grazie al federated learning: ogni utente addestra il modello sul proprio dispositivo, inviando solo i parametri aggiornati — non i dati grezzi.

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2. Come nasce una dieta IA-driven e quali sono le opportunità e i vantaggi?

Il processo è articolato, per farla breve tutti i dati indicati nel punto precedente vengono puliti, interpretati, analizzati, estrapolati e da questi processi nasce un'ipotetica dieta ideale, in base al prompt iniziale fornito e ai dati antropometrici (o non) indicati.

Il futuro eh? Vediamo quali sono i possibili vantaggi dell'utilizzo dell'IA per l'elaborazione di diete:

Un esempio? In Canada si sta testando un algoritmo IA che conta le calorie da un video mentre si mangia: ±22% di errore

3. Rischi: cosa dobbiamo tenere d’occhio

a. Privacy: alcune app femtech e di tracking vendono dati sensibili a terze parti, con possibili rischi assicurativi o discriminazioni (The Times).

b. Bias: se i dati di training sono sbilanciati (per sesso, etnia, reddito), l’IA potrebbe generare raccomandazioni scorrette.

c. Promesse gonfiate: molte startup vendono sogni (“dimagrimento garantito”) senza validazione clinica.

d. Sovra-raccolta: più dati = più superficie di attacco.

e. Semplificazione eccessiva: gli algoritmi faticano a cogliere i fattori psicologici e sociali che un professionista umano intercetta subito.

Non solo è necessario fare attenzione ai dati che forniamo all'IA (che spesso sono dati personali e sensibili) ma è necessario anche saper valutare eventuali errori di calcolo e di elaborazione del piano fornito. Esiste il rischio che una persona non informata possa non accorgersi di questi errori e quindi iniziare a seguire un piano non adatto e adattato alle sue reali necessità.

4. Le regole del gioco: GDPR & AI Act

La normativa europea è tra le più avanzate:

GDPR: i dati genetici, sanitari e di geolocalizzazione richiedono consenso esplicito, minimizzazione e protezione by design.

AI Act 2024: la nutrizione guidata da IA rientra nei sistemi sanitari a rischio medio-alto, con obbligo di trasparenza, gestione dei bias e sorveglianza post-mercato.

5. Attualmente l’IA può sostituire un professionista della nutrizione?

No, e non dovrebbe farlo nel futuro immediato. Gli algoritmi di oggi sono bravissimi a macinare dati (CGM, diari alimentari, analisi -omics) e a produrre menù tecnicamente corretti, ma non possiedono ancora la capacità di interpretare contesti complessi — dalla salute mentale del paziente alle dinamiche familiari — né la responsabilità legale di una prescrizione clinica. Le linee guida europee (EFAD, SINU) stabiliscono che qualunque piano nutrizionale debba essere validato da un professionista abilitato. In altre parole, l’IA è un eccellente “copilota” che velocizza analisi e monitoraggio, mentre il dietista, nutrizionista o il medico resta il “pilota” che integra fattori psicosociali, valuta comorbidità e adatta la strategia in tempo reale.

Considerazioni finali

L’intelligenza artificiale sta diventando un acceleratore formidabile per la nutrizione di precisione, ma il suo impatto più importante si gioca dietro le quinte, nelle mani dei professionisti. Per i dietisti, nutrizionisti e i medici, i modelli predittivi riducono le ore spese in calcoli, integrano in tempo reale i dati dei sensori e, soprattutto, permettono di testare scenari che prima richiedevano settimane di follow-up. Per i pazienti, invece, l’esperienza resta efficace solo quando un esperto filtra le raccomandazioni dell’algoritmo, le calibra sulle preferenze culturali, sulle condizioni cliniche e sugli aspetti psicologici che una dashboard non può catturare.

In pratica, l’IA è un potente “motore di analisi” che libera tempo clinico prezioso, ma la responsabilità di trasformare un output probabilistico in un percorso alimentare sicuro ed empatico rimane umana. Le startup che promettono rivoluzioni fai-da-te rischiano quindi di sottovalutare il valore della relazione terapeutica e di rafforzare l’idea che “bastino i dati” per cambiare abitudini. La direzione più sostenibile è una collaborazione stretta: professionista al centro, IA come strumento di supporto, e paziente come co-protagonista informato. Solo così il salto tecnologico diventa un vero progresso sanitario, e non l’ennesima dieta lampo mascherata da innovazione.

Andrea Ferri, nutrizionista

Luca Franciosi

Biologo nutrizionista e Personal Trainer Theia

FAQ

La IA può davvero sostituire un professionista della nutrizione?

No. Può offrire suggerimenti, ma non sostituisce la valutazione clinica e umana.

I miei dati restano privati?

Dipende dall’app: scegli servizi con crittografia, niente vendita dati e chiara conformità GDPR.

Come capisco se un’app di nutrizione IA è davvero affidabile?

E' difficile capirlo se non si è un professionista della nutrizione in grado di analizzare i dati. Paradossalmente l'IA è sfruttata meglio direttamente dai professionisti e ricercatori piuttosto che direttamente dai pazienti.

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